IL FASCINO DISCRETO DI BRIGHTON ...
Brighton è tornata ad essere meta prediletta alternativa a Londra per i giovani lavoratori italiani, anche grazie ad una scaltra ma attenta operazione di marketing...
Nel corso di questi ultimi 20 anni (1994-2014), almeno nella percezione generale, basata sulle testimonianze e i commenti raccolti dalle pagine dei nostri siti (www.britalians.co.uk e Italians in Brighton), Brighton ha prepotentemente risalito la classifica delle città più gettonate d’Inghilterra, quelle dove la qualità della vita è migliore: a torto o a ragione, viene vista, specie dagli stranieri, come una città a dimensione umana, più giovane, più frizzante, più vicina al continente, anche come mentalità. Situata a solo un’ora di treno da Londra, Brighton, pur avendo molte affinità linguistiche e culturali con la capitale (fu per anni la destinazione prediletta per le vacanze della ricca borghesia londinese), non è una città che offre particolari opportunità di lavoro, ma è una città che si fa amare. Si amano i luoghi, le città e le persone per diverse ragioni, che spesso sfuggono alla razionalità, cioè hanno più a che vedere con l'emotività che con dati economici reali. Ma ci si sposa con la persona che si ama, non con quella che ha più soldi. Quest'ultimo è un vecchio vizio di noi italiani, da cui non siamo mai guariti. Come tutte le città inglesi del sud-est, l’area più prospera del Regno Unito, anche Brighton soffre dell’afflusso massiccio di migliaia di giovani lavoratori provenienti dalle aree più in difficoltà del Sud Europa. Inevitabilmente, l'inurbamento comporta anche ripercussioni socio-economiche importanti: squilibrio demografico; crescenti tensioni razziali; innalzamento dei costi della vita, a partire da quello degli affitti ( £ 950 + in media, 27% in più negli ultimi due anni); conflitti sociali, e nuova povertà. Tuttavia, a dispetto della forte espansione dei movimenti xenofobi e nazionalisti nel resto del paese, Brighton rimane un'area "fascist-free": aperta, accogliente, tollerante, e persino un po’ di sinistra, nella migliore tradizione del laburismo inglese; non quello londinese, fatto di bancari della city, accademici spocchiosi e politicanti in carriera, ma di gente del popolo: studenti, lavoratori e piccoli commercianti operosi. Quel che più preoccupa è che, a fronte di dati economici incoraggianti a livello nazionale, crescono, sia a Brighton che a Londra, come in tutto il RU, le disuguaglianze sociali, la povertà e il lavoro precario; si sgretola il welfare, si perseguitano i più deboli e si riducono i diritti. Chi conosce bene la nostra città, ne conosce anche i problemi (vedi anche https://www.facebook.com/groups/8156530043/10151360737065044/): bassa industrializzazione e scarsa scolarizzazione sono i problemi che la attanagliano da sempre. Infatti, la gran parte dei laureati dell’università del Sussex lasciano la città per cercare occupazioni più redditizie a Londra. Se è vero che Londra soffre di seri problemi di sovraffollamento, è anche vero che la capitale detiene il primato dei redditi medi più alti del Regno Unito. A Brighton prospera l’industria del turismo, il terziario, e, nonostante le imposte altissime, il piccolo commercio. Di conseguenza, l’occupazione che Brighton è in grado di offrire è caratterizzata da bassi salari, scarsa protezione e alta volatilità. E’ anche per questo che, diversamente da Londra e dalle aree industriali del Nord, sono ben pochi gli imprenditori italiani di successo a Brighton, e quei pochi sono tutti nel settore della ristorazione. I dati della locale Camera di Commercio (http://www.businessinbrighton.org.uk/) indicano che a Brighton vi è un’altissima percentuale di fallimenti e di attività in vendita (70%). L’assenza di industrie e di un polo produttivo a Brighton è dunque il suo vero tallone di Achille. Senza una efficace politica di investimenti che comporti un calmieramento dei prezzi, è improbabile che Brighton riesca a scrollarsi di dosso la sua reputazione di città middle-class, prettamente turistica e residenziale, con scarse prospettive di crescita. Malgrado gli sforzi dell’amministrazione verde, anche a Brighton crescono le disuguaglianze sociali: si riducono i servizi e le tutele; si colpisce in maniera indiscriminata il welfare, e cresce il disagio sociale. Le aree extraurbane di Whitehawk, Hollingdean e Moulsecoomb vivono problemi di emarginazione sociale esplosivi. Per esempio, le disparità di reddito tra la poverissima Whitehawk e la vicinissima Brighton Marina, abitata perlopiù da ricchi possessori di yachts, sono spaventose. Tutte le amministrazioni che si sono succedute al governo di Brighton fino ad oggi, verdi compresi, hanno dilapidato ingenti risorse pubbliche – che avrebbero potuto essere più opportunamente destinate alle aree extraurbane più povere e bisognose della città - usandole per finanziare opere faraoniche, quanto inutili come il progetto “i360”, l’avveniristica torre che costerà milioni di sterline al contribuente. In altre parole, ci si è preoccupati più di abbellire il centro urbano per renderlo più appetibile a turisti e alle classi medie londinesi, ma ottenendo come effetto collaterale: l’innalzamento del costo della vita e dei prezzi degli immobili in particolare; l’esclusione dei ceti popolari dal centro cittadino e dalle zone limitrofe; e l’afflusso di manodopera a basso costo da ogni parte d’Europa, con scarsa o nessuna attenzione per il verde e la qualità del lavoro. (http://sabotagetimes.com/life/why-i-hate-brighton/#_) La proliferazione dei Poundshops (tutto a 2 euro) e dei “zero-hours work contracts” contratti al limite della legalità imposti ai lavoratori disoccupati, sono un altro segnale della fase depressiva di cui soffre l’economia della città. Perché, diciamo la verità: che senso ha vivere nella città leader nell’industria dello svago e del divertimento se il cittadino medio di Brighton fatica ad arrivare alla fine del mese? Forse è per questo che Brighton gode della reputazione di città da weekend “mordi e fuggi”, cioè di città dove si va per passare un po' di ore liete, per poi tornare alla vita di lavorativa di tutti giorni nelle aree più a nord, dove ci sono molte più opportunità di lavoro e meglio retribuite. A Londra, Boris Johnson - e suoi compari del Tory Party - ha da qualche tempo promosso un’operazione simile a quella in atto oggi a Brighton: epurare drasticamente il centro urbano dalla presenza di famiglie meno abbienti per consentire l’innalzamento dei prezzi degli immobili e attrarre investimenti. Ciò ha inevitabilmente reso ancora più difficile la possibilità per i giovani immigrati di trovare alloggio a prezzi accessibili, e ha causato l’ulteriore sovraffollamento delle zone periferiche. Così chi trova lavoro nei ristoranti di Londra o di Brighton si trova a lottare ogni mese con affitti astronomici e un costo della vita largamente al di fuori della sua portata. Questo fenomeno ha avuto conseguenze socio-economiche gravissime: ha incrementato il numero delle famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà anche tra coloro che percepiscono un reddito medio, fenomeno tristemente noto anche da noi in Italia. Ma l’inurbamento e la crescita smodata delle aree periferiche comporta anche altre sgradevoli conseguenze sociali. Essendo Londra il primo porto di approdo per i giovani italiani in fuga dal belpaese, la sua popolarità – ingigantita a dismisura da prezzolati imbonitori - ha fatto sì che crescessero le attività illegali e semi-illegali, come le agenzie di impiego truffaldine gestite da italiani senza scrupoli che lucrano sui bisogni dei giovani migranti. Brighton è per fortuna rimasta ancora indenne da questo increscioso fenomeno, anche grazie all’opera di associazioni come la nostra. (AIS, Associazione Italiani del Sussex; www.Albatross-lavorareaBrighton.weebly.com). Albatross, fu la prima associazione che cercò di gestire l’afflusso degli italiani nella nostra città secondo criteri di solidarietà e di sostegno ai più vulnerabili. Quella esperienza dimostra che oggi non solo è possibile contrastare il malaffare (si legga a questo proposito: “Scum of Italy: un verme italiano si aggira per Brighton), ma è anche possibile un modo diverso di gestire il fenomeno migratorio, creando una rete di sostegno e di solidarietà tra gli italiani in difficoltà. Tuttavia, ciò non ci esime dal domandarci quanto segue : se la situazione reale dell’economia locale è quella che abbiamo descritto sopra, come mai gli italiani sono attratti da Brighton, da Londra e dal Sud Est in generale? E’ forse colpa della cattiva informazione che imperversa sul web? Dagli italiani che approdano sui nostri lidi a cui abbiamo chiesto le ragioni del loro trasferimento, riceviamo sempre la stessa risposta: “mi hanno detto che qui c'è lavoro e che si vive bene ...”. Non riusciamo cioè a scrollarci di dosso quell’ingombrante luogo comune che vuole Brighton città accogliente e ricca di opportunità di lavoro. Il risultato di questa scaltra politica di marketing è sotto gli occhi di tutti: Brighton soffre di infiniti problemi di sovraffollamento, di integrazione sociale, di inserimento scolastico dei nostri figli, strappati agli affetti delle loro famiglie d’origine, e catapultati nelle scuole inglesi, dove domina il bullismo. Le nostre città diventano invivibili, caotici grovigli di persone in costante affanno, dove cresce il disagio, l’ostilità e la diffidenza. Ma qual è l'alternativa per questi giovani? Restare in Italia? E’ un quesito a cui nessuno è in grado di rispondere e che meriterebbe un dibattito a parte. La situazione del nostro paese è ben nota: dopo anni di disastrose politiche economiche, fatichiamo ad uscire da una drammatica crisi, che è insieme economica, di valori e di identità. Gli analisti economici ci avvertono che la crisi del nostro paese è tale che ci vorranno almeno 10 anni prima che ci sia una ripresa economica che dia qualche risultato apprezzabile e ponga fine all’esodo dei nostri giovani verso altri paesi. Nel frattempo, cosa possono fare le istituzioni e le associazioni per venire incontro ai bisogni dei giovani migranti? Sia Brighton che Londra sono male attrezzate per gestire il fenomeno migratorio di questi ultimi anni. Neppure l’Europa ci viene in soccorso: il suo progetto “Garanzia Giovani” risulta farraginoso e inapplicabile. A Londra il sindacato italiano, sia pure con ritardo, ha annunciato un servizio di assistenza per i neo-immigrati italiani, di cui però non sono ancora noti i criteri di funzionamento. A Brighton, il TUC, Trade Union Council, attraverso il Brighton and Hove Unemployed Centre, si sta muovendo nella stessa direzione, ampliando però la sua offerta a tutti i lavoratori, quale che sia la loro origine o etnia. Ma le incognite sono tante: in primis, la fragile economia della città. Ci si chiede cioè se Brighton sia davvero in grado di accogliere le decine di immigrati che da Londra e dal Sud dell’Europa approdano a Brighton in cerca di migliori, ma spesso inesistenti, opportunità di lavoro? “Non in pane solo vivet homo”, dice un antico detto latino, ovvero l’uomo ha bisogno d’altre soddisfazioni che non siano quelle puramente materiali: e Brighton è la dimostrazione di quanto ciò sia vero. Sebbene la nostra città offra scarse opportunità di lavoro, non di meno chi ha la fortuna di viverci gode di innumerevoli vantaggi, sia pure non di tipo economico. Lo sa bene chi come me vive qui da anni. Non è possibile capire la nostra città senza conoscerne la storia, da sconosciuto villaggio di pescatori a città moderna, ricca di stimoli e di emozioni. Si legga a questo proposito il mio articolo “27 Ragioni per amare Brighton”. http://www.britalians.co.uk/27-ragioni-per-cui-vale-la-pena-vivere-in-inghilterra.html A dispetto di un quadro economico poco confortante, Brighton offre di tutto e di più: in nessuna città come a Brighton vi è una presenza così varia di religioni (compresa la “chiesa per gli atei” !), tanto che spesso Londra se ne appropria, senza neanche chiedere il permesso! Per fare un altro esempio della geniale “eccentricità” della città, solo a Brighton è possibile trovare un negozio di scarpe “vegetariane”! Come è noto, per godere dei vantaggi di Brighton, molti di quelli che non trovano lavoro a Brighton volentieri si sacrificano e fanno i pendolari pur di restare qui. Ma se è lecito porre a confronto due realtà piuttosto eterogenee e due gruppi di persone, come le comunità italiane di Brighton e di Londra, è ancora più importante interrogarsi sulle peculiarità del flusso migratorio degli italiani dall’Italia verso il Regno Unito, prima ancora che da Londra verso Brighton. I fattori attrattivi sono ben noti: il richiamo (leggenda, secondo alcuni) dell’Inghilterra come paese dove il merito e le capacità individuali sono premiate; e dove la presenza di un welfare più inclusivo consente alle fasce più deboli della società di non essere emarginate. Ma l’Inghilterra di Cameron e di Farrage, due facce della stessa medaglia, ha ormai assestato un duro colpo a questa visione poco realistica del Regno Unito, costringendo gli europei qui accorsi negli ultimi cinque anni alla ricerca di un futuro migliore ad un doloroso risveglio. Brighton è anche vittima di una visione romantica e irrealistica che certa stampa italiana – che non conosce a fondo la nostra città - scioccamente diffonde. A questo proposito si legga l’articolo tratto da “La Repubblica" ( http://viaggi.repubblica.it/.../brighton-il.../221540 ) del .... 2010, nel quale si dà una descrizione un po' bohemienne - e quindi poco calzante - della nostra città, che conferma però il mio/nostro pensiero di fondo, e cioè che Brighton si ama per ragioni diverse dal lavoro. A questa visione idilliaca di Brighton si contrappone quella più critica di chi denuncia invece come i cambiamenti occorsi nel tessuto sociale della città nel corso degli ultimi 30 anni abbiano cambiato in peggio il suo volto, rendendola, secondo l’autore, “pretenziosa, arrogante, brutta e irriconoscibile ( … “ a city so sickeningly arrogant, creepily self-delusional and downright ugly…” Neil Brooks: “Why I hate Brighton: http://sabotagetimes.com/life/why-i-hate-brighton/#_ ) e http://www.britalians.co.uk/mollo-tutto-torno-a-casa---ovvero-che-cosa-non-mi-piace-di-brighton-e-dellinghilterra.html Nessuno di noi è qui interessato a promuovere un'immagine irreale, fuorviante e distorta di Brighton; ma, peccando forse di un po’ di italico campanilismo, ci piace parlare bene della nostra città di adozione. Ecco perché cerchiamo valorizzarne gli aspetti che la rendono unica. (leggi: “27 ragioni per amare l’Inghilterra e Brighton” : http://www.britalians.co.uk/27-ragioni-per-cui-vale-la-pena-vivere-in-inghilterra.html) . In realtà, la soluzione dei problemi di Brighton, e di tutte le città che come Brighton soffrono di una cronica crisi occupazionale e di una scarsa base industriale, è cambiare politiche economiche e sociali: bisogna cioè investire nella crescita e nello sviluppo sostenibile, equo e rispettoso dell’ambiente. Tradotto, ciò significa ripartire dai bisogni dei cittadini, piuttosto che dagli interessi speculativi; ovvero, usando uno slogan un po’ trito: più infermieri e meno faccendieri; più servizi, meno speculazione edilizia; più investimenti nel pubblico, nel lavoro, nella scuola, nella cultura, puntando sul turismo di alto profilo, e meno centri commerciali e poundshops. Nonostante le aspettative, anche i Verdi, al governo della città negli ultimi quattro anni, hanno fallito nel loro intento di cambiare il volto della città. Serve una svolta collettiva nella percezione comune del bene della città, a partire dall’unità di tutti i movimenti e dei partiti che nella nostra città e nella nostra regione si battono per la difesa del welfare e per un decisivo cambiamento delle politiche economiche. Con il successo del Labour Party alle recenti elezioni europee; l’imminente ingresso dei laburisti alla guida della città e la quasi certa elezione di Warren Morgan, un mio caro amico e collega, a leader del governo della città (http://present.brighton-hove.gov.uk/mgUserInfo.aspx?UID=163 ) si annuncia una svolta, accompagnata dal rinnovato, consueto, quanto prevedibile, impegno a non ripetere gli errori del passato. Ritengo che questo fatto sia comunque di buon auspicio per il futuro della nostra città. Valuteremo i fatti. Il progetto dei laburisti che mira a regolarizzare e a democratizzare il mercato immobiliare di Brighton in favore degli inquilini ( http://present.brighton-hove.gov.uk/mgEPetitionDisplay.aspx?ID=424&RPID=12285039&HPID=12285039) è un primo passo nella giusta direzione. Per concludere, nessuno ama questa città più di noi italiani che ci viviamo da anni. Ma, in definitiva, se il lavoro è la vostra priorità assoluta, forse Brighton non fa per voi; se invece siete disposti a tollerare una condizione lavorativa non entusiasmante, fatta di lavori precari e malpagati, pur di vivere nella città più elettrizzante dell'emisfero occidentale, allora siete veri brightoniani. Long live Brighton! |
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