LO SPORTELLO GIOVANI
Lo Sportello Giovani - Il mondo delle Agenzie d'Impiego Italiane e la truffa organizzata - La crisi del Curriculum Vitae come strumento di autopromozione nel mondo del lavoro – Proactive Approach o marketing di se stessi - Il ruolo dei Social Networks - Elogio dell’Associazionismo– Lavoro e dignità per le nuove generazioni – Un futuro migliore per i nostri giovani
Sono sempre più frequenti i casi in cui giovani italiani cadono preda di agenzie senza scrupoli. Lo stato di necessità di molti giovani italiani in fuga dall'Italia induce a volte a fidarsi di sedicenti agenzie di impiego italiane, spesso non in regola con la legislazione inglese.
Ma cosa fare dunque quando chi aspira a vivere un periodo di studio e lavoro all’estero ha la sfortuna di non avere parenti, amici o altro tipo di appoggi nel paese straniero?
Evidentemente, ogni paese è un caso a se stante. L’Italia, è noto, tra i paesi dell’UE, è uno dei più inospitali. Non solo per le lungaggini burocratiche che costringono spesso anche il cittadino dell’UE a inutili quanto umilianti code negli uffici stranieri delle questure per avere un banale permesso di soggiorno che gli spetterebbe comunque di diritto, ma perché, come prevedibile, da noi tutto è più complesso: dalla ricerca del lavoro alla ricerca di alloggio, al calvario di leggi, leggine e balzelli burocratici necessari per avviare un’attività.
Ma anche nel resto d’Europa non mancano i problemi. Nell’Unione Europea, almeno in teoria, i cittadini dell'UE godono di pari diritti. Ma non sempre è così: a volte i giovani italiani vengono discriminati, spesso da altri italiani (assunzioni in nero nei ristoranti italiani e salari inferiori al mimino previsto dalla legge).
Un po’ per ignoranza, un po’ per effetto dell’imbarbarimento culturale di questi ultimi anni, i giovani italiani tendono ad avventurarsi in terre straniere senza sapere granché del paese in cui intendono viaggiare o vivere e delle comunità degli italiani che ivi risiedono.
Eppure, lo sanno tutti, per vivere in un paese straniero, oltre al possesso di un solido bagaglio linguistico, è importante compiere lo sforzo di capire i costumi, le abitudini e la legislatura del paese ospitante. Questi ultimi, è noto, pongono non pochi problemi a chi approda in un paese straniero per la prima volta.
Ricordo che quando andai a vivere in Ungheria nel 1991, sapevo poco o nulla di ungherese e trovai la lingua locale molto ostica. Così misi un’inserzione sul giornale locale per insegnare Italiano, Inglese e Francese. Visto il successo,
fondai un club Italiano a Budapest (Olasz Klub) e una rivista (Budapest Oggi).
Arrivarono proposte di collaborazione da tanti ungheresi che amavano l’Italia e parlavano l’italiano (tra cui alcune leggiadre donzelle) che non aspettavano migliore occasione per fare pratica della lingua. Così giravo la città con tre o
quattro interpreti e non mi sentivo mai solo! Pur non conoscendo l’ungherese, grazie alla mia ottima conoscenza dell’inglese, arrivarono anche opportunità di lavoro come traduttore Inglese-Italiano.
Ecco perché è importante saper cogliere le opportunità quando si presentano e sapersi proporre in modo positivo. Ancora meglio se siamo noi stessi a creare queste opportunità e ci poniamo in un’ottica propositiva: se cioè poniamo in
essere le condizioni per cui sono “gli altri” ad interpellarci e ad avere bisogno di noi. Gli inglesi chiamo questo: “Pro-Active Approach” o “Make it Happen”.
Naturalmente, per fare questo non basta un buon Curriculum Vitae, strumento ormai obsoleto, ma un progetto originale accompagnato da una forte, dinamica, determinata operazione di marketing di se stessi mirata a far risaltare le
proprie abilità e qualità e a saperle “vendere” al miglior offerente.
Così facendo, ci poniamo in una posizione vincente e non“mendichiamo” il lavoro. Non solo: ne guadagneranno anche la nostra reputazione, l’autostima e la stima nei nostri confronti che susciteremo nelle persone che ci circondano, nella nostra area di competenza.
Il mondo del lavoro in generale è oggi in grave crisi. E’ bene non farsi troppe illusioni: il mercato del lavoro inglese, checché se ne dica, offre poche opportunità degne di questo nome e la concorrenza di giovani immigrati dagli altri paesi europei (Spagna ed Est europeo in primis) è spietata e in costante crescita.
In una società competitiva come la nostra questo non è necessariamente un male, ma significa che oggi sono necessari altri strumenti per emergere, o comunque per non finire a fondo o fagocitati dalla precarietà, dal lavoro nero e dal mondo perverso degli approfittatori, che non offre prospettive dignitose per il futuro dei nostri giovani.
Ecco perché distribuire CVs a destra e manca non è più sufficiente: bisogna subito allargare la propria cerchia di conoscenze e di amicizie - preferibilmente tra i NON italiani ! – e, con l’aiuto di amici e conoscenti, cogliere le opportunità che offre il mercato del lavoro inglese, in verità, non moltissime, specie per chi non sa l'inglese e, ahinoi, come accade sempre più
sovente, scrive male anche la propria lingua!
E’un po’ il meccanismo di LinkedIn che basa il suo successo sul network di amicizie e di sponsor che è in grado di offrire, sul mix di brainstorming e di idee originali che riesce a volte a produrre, mettendo in contatto persone con
caratteristiche e progetti simili. Non sempre funziona, ma è oggi la chiave di lettura migliore per progredire nel mondo del lavoro senza chinare la testa.
Purtroppo, il vizio di fondo di Linked In e dei social networks in generale è che si basano su un principio prettamente utilitaristico: “mi servo di te perché in questo momento mi fa comodo un “aggancio”; ma poi, alla prima occasione, ti
mollo, o vado da un altro che mi offre di più”, con tutte le ripercussioni di tipo etico che questo approccio comporta: l’incitamento ad un individualismo sfrenato e un ulteriore impoverimento della qualità delle relazioni umane.
Inviare centinaia di curriculum rischia di essere un’esperienza frustrante e controproducente, specie se non si sa bene come si produce un CV vincente e non si conosce bene l'inglese: ti scartano subito al primo colloquio… se ci
arrivi.
Invece, molti giovani preferiscono affidarsi ad un'agenzia, per facilitare le cose. Così, invece di diffidare delle agenzie gestite spesso da italiani senza scrupoli che operano in condizioni di evidente illegalità (vedi l’agenzia “SL” di Londra), molti giovani cadono facilmente prede degli avvoltoi italiani che, in barba alla legislazione locale, vendono sogni e approfittano dello stato di
necessità dei giovani italiani che approdano nel Regno Unito in fuga dal belpaese per farsi beffa dei loro sogni.
Poi vi è anche il problema del costo della vita. Qui nel Regno Unito il costo esorbitante degli affitti e degli alloggi in genere è tale che taglia le gambe a chi non possiede un consistente gruzzolo già prima della partenza.
Non solo gli ostelli e i BB costano un occhio della testa (£20+ a notte!) e il costo degli affitti nelle grandi città è spesso insostenibile: anche il lavoro precario è oggi diventato la norma anziché l'eccezione qui nel Regno Unito.
Molto meglio appoggiarsi ad un lontano parente, a qualche amico, o in assenza di questi ultimi, ad un’associazione locale.
Queste ultime sono spesso sottovalutate. Ce ne sono decine anche in Inghilterra. E' un mondo in declino ma è tuttora l'unica forma di solidarietà e di sostegno rimasta alla comunità degli italiani che risiedono all'estero.
Purtroppo, come è noto, anche grazie ai tagli del ministero, le nostre associazioni vivono un periodo di crisi: vengono snobbate dai giovani e, di conseguenza, stentano a dar via a quel ricambio generazionale che è la loro unica speranza di sopravvivenza.
Eppure, viste anche le gravi carenze dei consolati; l’assenza pressoché totale della chiesa e della sua missione pastorale; e, grazie anche ai tagli dei governi di questi ultimi 10 anni, la scarsa incisività del sindacato attraverso i suoi patronati all’estero, esse rappresentano spesso l’unica speranza per i giovani italiani.
In assenza di una rete di solidarietà che affonda le radici nella comunità, i giovani si trovano spesso alla mercé di un mercato con poche regole e dominato da personaggi senza scrupoli, il cui unico intento è quello di spremere le loro
poche risorse e i loro magri risparmi.
Ecco dunque l’importanza delle associazioni e il ruolo di ponte tra l’Italia e il RU che svolgono. Oggi, come si è detto, i giovani preferiscono Facebook e le agenzie. Guardano con sospetto e indifferenza alle vecchie associazioni,
perché “ci vanno i vecchi emigranti "ignoranti".
Così, armati di diplomi, telefonini ultima generazione, portatili e quant'altro, vengono in Inghilterra con grandi speranze ma piuttosto impreparati… e finiscono spesso per farsi infinocchiare.
Ma questo non può e non deve essere l’unico scenario possibile. Da tempo chiediamo l’apertura qui in Inghilterra, e nei Paesi a forte immigrazione dall’Italia, di uno “Sportello Giovani” per orientare i giovani, e i migranti italiani in genere, nel mondo del lavoro e nel mercato immobiliare, sul modello degli “Informagiovani”italiani.
Di più e meglio di questi ultimi, essi sarebbero in grado di dare informazioni più puntuali e supporto più incisivo perché meglio organizzati, più competenti, più radicati nella realtà del paese straniero, il Regno Unito nel nostro caso, e più legati al territorio e alla comunità locale.
In più, essi offrirebbero anche un’ulteriore opportunità di lavoro a quei giovani dotati di particolari competenze linguistiche, oltre a rappresentare un’occasione di aggregazione sociale per il tempo libero, le attività ludiche, i
corsi di formazione, come quelli che il Centro Scalabrini e la Chiesa Italiana di Londra e le ACLI erano in grado di offrire una volta.
Lo stato di crisi attuale del nostro Paese e i tagli consistenti a patronati e ad enti e servizi sociali destinati al cittadino all’estero, significa che questa prospettiva è ben lungi dall’essere realizzata. Di fatto questi progetti, sono assenti dai dibattiti di Comites e CGIE, gli organismi elettivi degli italiani all’estero praticamente ignoti ai giovani italiani, e anche dalle piattaforme di organizzazioni politiche italiane presenti all’estero, filo-governative o meno che siano.
Purtroppo, manca anche nei giovani la consapevolezza dell’importanza di tali progetti e la capacità di farli propri, anche in un contesto politico capace di premere e incalzare il Ministero degli Affari Esteri, a cui spetterebbe la competenza in questo genere di cose, affinché realizzi il progetto “Sportello Giovani”, usufruendo anche di fondi europei destinati alla gioventù
(Eurodesks).
E’ vero: il futuro è incerto, anche per i più volenterosi e capaci tra noi. Così come per i nostri nonni 100 anni fa, emigrare comporta qualche amara sorpresa. Eppure la speranza di rinascita della collettività italiana e le scommesse del futuro passano necessariamente dai nostri giovani e dalle opportunità che offriamo loro, come lo “Sportello Giovani”.
Spetta soprattutto a noi italiani di seconda e terza generazione (la mia) rimboccarsi le maniche. Se noi saremo capaci di aprire le porte delle nostre associazioni ai giovani, coinvolgerli in progetti positivi ed utili come lo “Sportello Giovani”, e offrire loro un’àncora di salvezza avremo posto le basi per la rinascita della nostra comunità e un futuro migliore per i nostri
giovani.
ERNESTO GRANESE
Sono sempre più frequenti i casi in cui giovani italiani cadono preda di agenzie senza scrupoli. Lo stato di necessità di molti giovani italiani in fuga dall'Italia induce a volte a fidarsi di sedicenti agenzie di impiego italiane, spesso non in regola con la legislazione inglese.
Ma cosa fare dunque quando chi aspira a vivere un periodo di studio e lavoro all’estero ha la sfortuna di non avere parenti, amici o altro tipo di appoggi nel paese straniero?
Evidentemente, ogni paese è un caso a se stante. L’Italia, è noto, tra i paesi dell’UE, è uno dei più inospitali. Non solo per le lungaggini burocratiche che costringono spesso anche il cittadino dell’UE a inutili quanto umilianti code negli uffici stranieri delle questure per avere un banale permesso di soggiorno che gli spetterebbe comunque di diritto, ma perché, come prevedibile, da noi tutto è più complesso: dalla ricerca del lavoro alla ricerca di alloggio, al calvario di leggi, leggine e balzelli burocratici necessari per avviare un’attività.
Ma anche nel resto d’Europa non mancano i problemi. Nell’Unione Europea, almeno in teoria, i cittadini dell'UE godono di pari diritti. Ma non sempre è così: a volte i giovani italiani vengono discriminati, spesso da altri italiani (assunzioni in nero nei ristoranti italiani e salari inferiori al mimino previsto dalla legge).
Un po’ per ignoranza, un po’ per effetto dell’imbarbarimento culturale di questi ultimi anni, i giovani italiani tendono ad avventurarsi in terre straniere senza sapere granché del paese in cui intendono viaggiare o vivere e delle comunità degli italiani che ivi risiedono.
Eppure, lo sanno tutti, per vivere in un paese straniero, oltre al possesso di un solido bagaglio linguistico, è importante compiere lo sforzo di capire i costumi, le abitudini e la legislatura del paese ospitante. Questi ultimi, è noto, pongono non pochi problemi a chi approda in un paese straniero per la prima volta.
Ricordo che quando andai a vivere in Ungheria nel 1991, sapevo poco o nulla di ungherese e trovai la lingua locale molto ostica. Così misi un’inserzione sul giornale locale per insegnare Italiano, Inglese e Francese. Visto il successo,
fondai un club Italiano a Budapest (Olasz Klub) e una rivista (Budapest Oggi).
Arrivarono proposte di collaborazione da tanti ungheresi che amavano l’Italia e parlavano l’italiano (tra cui alcune leggiadre donzelle) che non aspettavano migliore occasione per fare pratica della lingua. Così giravo la città con tre o
quattro interpreti e non mi sentivo mai solo! Pur non conoscendo l’ungherese, grazie alla mia ottima conoscenza dell’inglese, arrivarono anche opportunità di lavoro come traduttore Inglese-Italiano.
Ecco perché è importante saper cogliere le opportunità quando si presentano e sapersi proporre in modo positivo. Ancora meglio se siamo noi stessi a creare queste opportunità e ci poniamo in un’ottica propositiva: se cioè poniamo in
essere le condizioni per cui sono “gli altri” ad interpellarci e ad avere bisogno di noi. Gli inglesi chiamo questo: “Pro-Active Approach” o “Make it Happen”.
Naturalmente, per fare questo non basta un buon Curriculum Vitae, strumento ormai obsoleto, ma un progetto originale accompagnato da una forte, dinamica, determinata operazione di marketing di se stessi mirata a far risaltare le
proprie abilità e qualità e a saperle “vendere” al miglior offerente.
Così facendo, ci poniamo in una posizione vincente e non“mendichiamo” il lavoro. Non solo: ne guadagneranno anche la nostra reputazione, l’autostima e la stima nei nostri confronti che susciteremo nelle persone che ci circondano, nella nostra area di competenza.
Il mondo del lavoro in generale è oggi in grave crisi. E’ bene non farsi troppe illusioni: il mercato del lavoro inglese, checché se ne dica, offre poche opportunità degne di questo nome e la concorrenza di giovani immigrati dagli altri paesi europei (Spagna ed Est europeo in primis) è spietata e in costante crescita.
In una società competitiva come la nostra questo non è necessariamente un male, ma significa che oggi sono necessari altri strumenti per emergere, o comunque per non finire a fondo o fagocitati dalla precarietà, dal lavoro nero e dal mondo perverso degli approfittatori, che non offre prospettive dignitose per il futuro dei nostri giovani.
Ecco perché distribuire CVs a destra e manca non è più sufficiente: bisogna subito allargare la propria cerchia di conoscenze e di amicizie - preferibilmente tra i NON italiani ! – e, con l’aiuto di amici e conoscenti, cogliere le opportunità che offre il mercato del lavoro inglese, in verità, non moltissime, specie per chi non sa l'inglese e, ahinoi, come accade sempre più
sovente, scrive male anche la propria lingua!
E’un po’ il meccanismo di LinkedIn che basa il suo successo sul network di amicizie e di sponsor che è in grado di offrire, sul mix di brainstorming e di idee originali che riesce a volte a produrre, mettendo in contatto persone con
caratteristiche e progetti simili. Non sempre funziona, ma è oggi la chiave di lettura migliore per progredire nel mondo del lavoro senza chinare la testa.
Purtroppo, il vizio di fondo di Linked In e dei social networks in generale è che si basano su un principio prettamente utilitaristico: “mi servo di te perché in questo momento mi fa comodo un “aggancio”; ma poi, alla prima occasione, ti
mollo, o vado da un altro che mi offre di più”, con tutte le ripercussioni di tipo etico che questo approccio comporta: l’incitamento ad un individualismo sfrenato e un ulteriore impoverimento della qualità delle relazioni umane.
Inviare centinaia di curriculum rischia di essere un’esperienza frustrante e controproducente, specie se non si sa bene come si produce un CV vincente e non si conosce bene l'inglese: ti scartano subito al primo colloquio… se ci
arrivi.
Invece, molti giovani preferiscono affidarsi ad un'agenzia, per facilitare le cose. Così, invece di diffidare delle agenzie gestite spesso da italiani senza scrupoli che operano in condizioni di evidente illegalità (vedi l’agenzia “SL” di Londra), molti giovani cadono facilmente prede degli avvoltoi italiani che, in barba alla legislazione locale, vendono sogni e approfittano dello stato di
necessità dei giovani italiani che approdano nel Regno Unito in fuga dal belpaese per farsi beffa dei loro sogni.
Poi vi è anche il problema del costo della vita. Qui nel Regno Unito il costo esorbitante degli affitti e degli alloggi in genere è tale che taglia le gambe a chi non possiede un consistente gruzzolo già prima della partenza.
Non solo gli ostelli e i BB costano un occhio della testa (£20+ a notte!) e il costo degli affitti nelle grandi città è spesso insostenibile: anche il lavoro precario è oggi diventato la norma anziché l'eccezione qui nel Regno Unito.
Molto meglio appoggiarsi ad un lontano parente, a qualche amico, o in assenza di questi ultimi, ad un’associazione locale.
Queste ultime sono spesso sottovalutate. Ce ne sono decine anche in Inghilterra. E' un mondo in declino ma è tuttora l'unica forma di solidarietà e di sostegno rimasta alla comunità degli italiani che risiedono all'estero.
Purtroppo, come è noto, anche grazie ai tagli del ministero, le nostre associazioni vivono un periodo di crisi: vengono snobbate dai giovani e, di conseguenza, stentano a dar via a quel ricambio generazionale che è la loro unica speranza di sopravvivenza.
Eppure, viste anche le gravi carenze dei consolati; l’assenza pressoché totale della chiesa e della sua missione pastorale; e, grazie anche ai tagli dei governi di questi ultimi 10 anni, la scarsa incisività del sindacato attraverso i suoi patronati all’estero, esse rappresentano spesso l’unica speranza per i giovani italiani.
In assenza di una rete di solidarietà che affonda le radici nella comunità, i giovani si trovano spesso alla mercé di un mercato con poche regole e dominato da personaggi senza scrupoli, il cui unico intento è quello di spremere le loro
poche risorse e i loro magri risparmi.
Ecco dunque l’importanza delle associazioni e il ruolo di ponte tra l’Italia e il RU che svolgono. Oggi, come si è detto, i giovani preferiscono Facebook e le agenzie. Guardano con sospetto e indifferenza alle vecchie associazioni,
perché “ci vanno i vecchi emigranti "ignoranti".
Così, armati di diplomi, telefonini ultima generazione, portatili e quant'altro, vengono in Inghilterra con grandi speranze ma piuttosto impreparati… e finiscono spesso per farsi infinocchiare.
Ma questo non può e non deve essere l’unico scenario possibile. Da tempo chiediamo l’apertura qui in Inghilterra, e nei Paesi a forte immigrazione dall’Italia, di uno “Sportello Giovani” per orientare i giovani, e i migranti italiani in genere, nel mondo del lavoro e nel mercato immobiliare, sul modello degli “Informagiovani”italiani.
Di più e meglio di questi ultimi, essi sarebbero in grado di dare informazioni più puntuali e supporto più incisivo perché meglio organizzati, più competenti, più radicati nella realtà del paese straniero, il Regno Unito nel nostro caso, e più legati al territorio e alla comunità locale.
In più, essi offrirebbero anche un’ulteriore opportunità di lavoro a quei giovani dotati di particolari competenze linguistiche, oltre a rappresentare un’occasione di aggregazione sociale per il tempo libero, le attività ludiche, i
corsi di formazione, come quelli che il Centro Scalabrini e la Chiesa Italiana di Londra e le ACLI erano in grado di offrire una volta.
Lo stato di crisi attuale del nostro Paese e i tagli consistenti a patronati e ad enti e servizi sociali destinati al cittadino all’estero, significa che questa prospettiva è ben lungi dall’essere realizzata. Di fatto questi progetti, sono assenti dai dibattiti di Comites e CGIE, gli organismi elettivi degli italiani all’estero praticamente ignoti ai giovani italiani, e anche dalle piattaforme di organizzazioni politiche italiane presenti all’estero, filo-governative o meno che siano.
Purtroppo, manca anche nei giovani la consapevolezza dell’importanza di tali progetti e la capacità di farli propri, anche in un contesto politico capace di premere e incalzare il Ministero degli Affari Esteri, a cui spetterebbe la competenza in questo genere di cose, affinché realizzi il progetto “Sportello Giovani”, usufruendo anche di fondi europei destinati alla gioventù
(Eurodesks).
E’ vero: il futuro è incerto, anche per i più volenterosi e capaci tra noi. Così come per i nostri nonni 100 anni fa, emigrare comporta qualche amara sorpresa. Eppure la speranza di rinascita della collettività italiana e le scommesse del futuro passano necessariamente dai nostri giovani e dalle opportunità che offriamo loro, come lo “Sportello Giovani”.
Spetta soprattutto a noi italiani di seconda e terza generazione (la mia) rimboccarsi le maniche. Se noi saremo capaci di aprire le porte delle nostre associazioni ai giovani, coinvolgerli in progetti positivi ed utili come lo “Sportello Giovani”, e offrire loro un’àncora di salvezza avremo posto le basi per la rinascita della nostra comunità e un futuro migliore per i nostri
giovani.
ERNESTO GRANESE