TRASHY ITALIANS ABROAD !
La verità sugli italiani all’estero. Una descrizione impietosa della metamorfosi dell’Italiano medio dopo pochi anni di permanenza nel Regno Unito, in una tragica parodia fantozziana
Qualcuno di noi si sarà sicuramente imbattuto durante un viaggio all’estero in un connazionale “locale”, uno strano ibrido tra italianità e trash locale; un nostro lontano parente ormai assuefatto alle tradizioni locali, di solito le peggiori. Qui prendiamo in esame l’Homo Italicus-Britannicus, o Trashy Italian, come viene opportunamente denominato dai nostri estimatori inglesi. Si tratta di uno degli esemplari più rivoltanti della specie, già purtroppo in crescente, preoccupante proliferazione.
Ecco alcune sue malsane abitudini. Si comincia con il caffé , che diventa sempre più lungo, finché non diventa simile alla brodaglia/ciofeca che amano bere gli inglesi: un lontano, mesto parente del nostro espresso.
Poi è la volta del pane: niente più pane nostrano ma schifosissime fette di pane bianco; la farina è opportunamente lavata in candeggina per togliere qualsiasi traccia di proprietà nutritiva. Su queste fette perfettamente squadrate l'italiano tamarro, sempre meno italiano e sempre più burino, avrà spalmato quintali di burro, alla faccia del colesterolo.
Il breakfast all'inglese o fry up è un’altra malsana consuetudine della quale l’italiano tamarro “Made in Britain” cade facile vittima: pane affettato fritto; fette di pomodoro... fritte ... funghi, ovviamente strafritti … uova stracotte “sunny side up” o “scrambled”, strapazzate, fritte preferibilmente nel lardo, che fanno tanto bene alla salute; fagiolini nauseabondi in salsa agro-dolce (baked beans); bacon bruciacchiato, ma con tanto grasso; spaghetti in scatola, e via di questo passo, fino all'orgasmo cosmico: il black pudding, dolce prelibatezza locale al sangue di maiale, all'occorrenza anche umano: di immigrato pakistano, ma solo per i palati più fini.
Un altro preoccupante segnale del decadimento intellettuale e morale dell'italianità “Meid in de Iuchei” è il "bofonchiamento", una parola che ho inventato io, cioè l'abitudine propria del tamarro italo-britannico (ma neanche in America e in Australia scherzano!) a straparlare, mischiando l'inglese maccheronico con l'italiano dialettale, un po’ come fanno a Broccolino, il famoso quartiere di Nuova Iorche ... tipo: piglia la box mittila ne lu car ... aiere jetti a lu market, accattai nu poche de cheese ecc ecc
Poi è la volta delle insane abitudini televisive, su tutti: Eastenders, EmMERDAle, Coronation Street, Benidorm e, dulcis in fundo "Neibors", "spellato" proprio così, nella peggiore tradizione del soap-trash britannico.
Poi è la volta dell'abbigliamento. Moda italiana? Ma quando mai! Pantaloni alla Fantocci con mutandoni ricamati dalla nonna; Tshirts alla tamarra, indossati anche d'inverno a 20 sotto zero con la dicitura: “Italians do it better”, che fa sempre fico.
Per non parlare dei gusti musicali: Gigi Da... Lesso; Ramazzotti e, per i più moderni, Albano e Mino Reitano, che non a caso finiscono per “ano”. Quest’ultimo, dato per defunto, pare ancora si aggiri per le locande frequentate dai tamarri italo-britannici per diffondere il suo morbo, mai domato.
Altra insana abitudine dei Cheesy Italians, che pressappoco corrisponde alla macchietta di Verdone in “Bianco Rosso e Verdone”, per chi se la ricorda, è quella delle feste megagalattiche dove i tamarri italiani Made in Britain fanno a gara a chi meglio esibisce il suo armamentario kitsch: enormi vassoi di lasagne con fiumi di besciamelle; formaggi e salumi nauseabondi, scarti di magazzino; poi, ricchi premi (una bottiglia di vermouth “dannata”, più che d’annata) per chi racconta le barzellette più trash.
Infine, per finire la serata con stile, la gara del rutto più roboante. A presiedere è il Cav. Comm. dell’ordine dei “Gran. Farab.Figl. Denamign.”, Pasquale Piscitiello.
Il ricavato è ovviamente devoluto alla Chiesa del Santo Redentore di Canicattì e alla Casa del Giovane Immigrato Sfigato Italiano di Londra, dove ogni giorno si assicura un pasto caldo alle centinaia di giovani italiani senza fissa dimora che accorrono nel Regno Unito in fuga dal paesello in cerca di miglior fortuna.
Purché non si dica che l’italiano d’oltremanica non abbia un cuore ! Il sospetto è che, proprio come recita la celebre canzone di De André, quello dei nostri connazionali italo-britannici sia troppo vicino al buco del …
Trattasi naturalmente di uno scherzo: nessuno se ne abbia a male! Viva l’Itaglia!
PS Italiano DOC? Io lo nabbi .. come diceva Totò. Ho pure fatto il militare a Cuneo!
EG